Desideravo da una vita intera visitare l’Egitto. Ho letto interi libri su questo antico popolo, sulla sua storia, sull’interpretazione dei geroglifici, sui monumenti ancora esistenti, sulle teorie riguardo le piramidi, sulle scoperte delle tombe, sulla valle del Nilo e chi più ne ha più ne metta. Così ho fatto come le formichine, risparmiando briciola su briciola per potermi concedere il viaggio di nozze che non ho fatto venticinque anni fa. Ho tanto desiderato vedere l’Egitto quanto temuto di morire prima di riuscirci, ed aspettavo questo viaggio con il timore che qualcosa dovesse per forza andare storto, come sempre quando hai investito troppe speranze, troppe aspettative su un progetto. Poi quel giorno è venuto. Dopo mille peripezie, agenzie su agenzie consultate, con una corsa finale per Erika che si è aggregata all’ultimo a nostra immensa gioia (ma che patema d’animo), e con un ritardo della partenza dell’aereo che mi ha fatto temere il peggio, finalmente oggi posso dire di aver visto un po’, solo un po’ dell’Egitto. Raccontare tutto quello che ho visto sarebbe forse noioso… per quello ci sono le foto, le quasi tremila foto fatte tra me, Erika, Silvia ed i miei amici Assunta e Lorenzo in viaggio con noi… eh sì, un po’ affollato come viaggio di nozze, ma erano nozze d’argento, e dopo venticinque anni insieme è il minimo avere due figlie meravigliose e due amici su cui contare, allora perché non coinvolgerli?
Raccontare le cose viste, dicevo, sarebbe scontato… per quello ci sono guide e foto. Quello che veramente mi rimarrà impresso di questo viaggio è l’emozione che ha accompagnato ogni giorno, ogni momento di quelle due settimane sul suolo egiziano, e se le foto rimarranno per sempre a ricordarmi ciò che ho visto, sono proprio quelle emozioni che temo di dimenticare, e che voglio fissare qui.
Emozione. Mi ha soffocato la gola già scendere dalla scaletta e toccare il suolo del Cairo. Sono in Egitto mi dicevo, credo anzi di averlo detto ad alta voce, ed avevo il cuore che scoppiava di gioia.
Emozione. Malgrado la stanchezza per una notte quasi insonne ho bevuto con gli occhi ogni immagine al di là del finestrino del pullman, e vedere all’improvviso, nella foschia dell’alba, la sagoma imponente ed irreale delle piramidi mi ha fatto venire le lacrime agli occhi: cinquemila anni e sono sempre lì… ma allora esistono davvero!
Emozione. Gli incredibili reperti presenti nel museo egizio sono qualcosa di indescrivibile, e la passione della nostra guida Hossam nel presentarci i ritrovamenti più significativi ha reso magica quella visita.
Ma la vera emozione, che mi aspettavo ma che mi ha comunque spezzato il fiato e riempito gli occhi di lacrime, è stata quella che mi ha inondato il cuore e l’anima di fronte al viso di Tut-Ankh-Amon… guardavo quei lineamenti sereni e sussurravo dentro di me: ma sei davvero tu? ed io sono davvero qui davanti a te?
La maschera d'oro di Tut-Ankh-Amon
Quanti libri ho letto sul ritrovamento di quella tomba, quante foto ho guardato di quella maschera in oro, ma niente mi aveva veramente preparato alla bellezza di quel viso troppo giovane immortalato migliaia di anni fa. Hossam mi guardava sorridendo, credo in effetti fosse uno spettacolo divertente quello di una signora distrutta dalla mancanza di sonno in adorazione di fronte ad una teca, incantata, forse a bocca aperta, di sicuro con gli occhi rossi e lucidi.
Emozione. Guardare le piramidi di Giza sempre più vicine, imponenti al di là degli edifici del Cairo, fino a vederne ogni singola pietra, è stata un’altra emozione indimenticabile. Molte persone mi avevano detto: rimarrai delusa, sono troppo adiacenti alla città, e poi la folla ti toglie tutta la magia… Mah, evidentemente io so vedere aldilà della folla, della città, del brusio dei turisti… io mi sono sentita immersa nella storia di un popolo magnifico, non ho visto né la città né la gente, ho visto solo qualcosa di incredibile che ha resistito ai millenni e che ancora ha né forse mai avrà una spiegazione, a partire da come hanno fatto a quel tempo ad erigere monumenti così imponenti, a mettere l’uno sull’altro quei massi enormi, o sul perché le piramidi sono tutte orientate in un certo modo, allineate in modo esatto con le tre stelle della cintura della costellazione di Orione. E se da una parte, è vero, vedi sullo sfondo la città, dall’altra il deserto si estende a vista d’occhio, con i suoi colori caldi ed il suo mistero.
Le piramidi di Giza ed il deserto
E che dire della sfinge? Immensa, solenne, così bella che nessuna parola, nessuna foto può renderle giustizia. Ma non sapevo che questa considerazione avrei poi dovuto farla per molti altri monumenti egiziani.
Del Cairo ricorderò le migliaia di taxi sgangherati, le strade ingombre di mezzi di tutti i tipi, dagli autobus di gran lusso ai carretti trainati dagli asinelli, le sagome inconfondibili delle moschee e dei loro minareti, la folla di gente nei mercati, le donne vestite all’occidentale ma con la testa coperta, gli edifici spesso fatiscenti ma dal tetto tappezzato di antenne paraboliche e dalle facciate ricoperte di motori per l’aria condizionata, i mille colori di una città immensa, caotica, incredibilmente viva fin dalle prime ore del mattino, che vorrei aver avuto la possibilità di conoscere un po’ meglio che dal finestrino di un pullman.
Chissà… forse in un’altra vita.
E poi c’è stata la piramide a gradoni di Saqqara… l’avevo vista in foto, solitaria millenaria, sorella umile delle grandiosi piramidi di Giza. Inaspettatamente, mi sono innammorata all’istante di quel sito archeologico pieno di polvere del deserto, dove gli scavi sono aperti da decenni, e dove il grande Imhotep progettò questa insolita tomba che ricorda un po’ le costruzioni azteche… Rispetto alle piramidi di Giza, che tra l’altro si intravvedono all’orizzonte, questa è meno imponente, meno famosa, ma le ho trovato un fascino difficile da descrivere a parole, il fascino delle cose un po’ offuscate dal tempo, un po’ demodé, ma piene di ricordi e tesori da scoprire.
Pensavo che la piramide di Saqqara mi avesse dato un’emozione unica, che rappresentasse un po’ dell’Egitto meno turistico, meno a portata di mano ma anche più genuino… Poi, il 4 settembre 2008, il giorno in cui festeggiavo il mio venticinquesimo anniversario di matrimonio, abbiamo fatto un lungo giro nel deserto alla scoperta di altre piramidi di cui non avevo mai sentito parlare. Se Giza mi aveva emozionato, se Saqqara mi aveva fatto fare un viaggio nei secoli, le piramidi di Meydum, di Dashur e la piramide romboidale mi hanno fatto respirare a pieni polmoni il profumo della storia, del mistero, dei segreti di questo incredibile popolo. E’ stato come mettere piede su un altro pianeta, conoscere un mondo mai neanche immaginato, senza bisogno che qualcuno me ne raccontasse la storia perché il vento del deserto e quelle meravigliose costruzioni sembravano parlarmi… Dio che magnifica sensazione, quel silenzio interrotto solo dal vento, quella solitudine così preziosa, quelle costruzioni che sembrano così irreali in pieno deserto… dovessi dire qual’è stato il giorno più bello, più magico di questo viaggio, e quale il posto che rivedrei, non avrei esitazioni… è stato quel giorno, nel deserto, alla scoperta delle piramidi nascoste.
La piramide rossa di Dashur
La piramide romboidale vista dalla piramide rossa ..e la piramide rossa vista da quella romboidale
Particolarissima, praticamente intatta, la piramide romboidale
La piramide di Meydum
Quella sera mi sentivo inebriata da immagini stampate per sempre nella mia mente, dalla sabbia del deserto respirata per gran parte del giorno e che mi sono portata a casa in una bottiglietta, dal vento incessante che mi aveva riempito i capelli ed i vestiti di polvere dorata, dal sole africano che non dimenticherò mai, ma soprattutto da quel susseguirsi di piramidi e tombe di cui non conoscevo l’esistenza e che avevo scoperto e visitato con lo stupore e l’entusiasmo di un bambino. Mi sentivo ricca e felice come chi ha appena ricevuto un regalo inatteso e prezioso, e non dimenticherò mai neanche la sorpresa di una torta a forma di cuore che le mie figlie ed i miei amici hanno fatto arrivare al nostro tavolo per festeggiare il nostro venticinquesimo anniversario di matrimonio… e questo ha reso quella giornata semplicemente perfetta.
Il giorno dopo abbiamo preso l’aereo per atterrare sotto il tropico del cancro e visitare il tempio di Abu Simbel… e dopo le piramidi nel deserto, quello è stato in assoluto il sito che più mi ha affascinato. Avevo letto molto del ritrovamento di quei meravigliosi colossi che i secoli avevano quasi sotterrato nella sabbia, e dell’incredibile spostamento che avevano subito prima della fine della costruzione della grande diga di Aswan… ma niente, credo, ti può preparare al momento in cui giri l’angolo e ti ritrovi davanti l’incredibile viso di Ramses II rivolto verso le acque del Nilo. Sono rimasta senza fiato, mentre Assunta accanto a me quasi gridava: "Oh Dio!"
Ramses II da giovane |
Erika e Carlo davanti al tempio |
Sono stata ore sotto il sole del tropico a guardare quel tempio che Hossam ci descriveva in ogni suo particolare, bevevo con gli occchi ogni particolare, quasi inebetita da tanta bellezza. Ogni angolo, ogni statua, ogni colonna, ogni scena, ogni affresco, ogni piccola cosa mi ha commossa, meravigliata, affascinata, ed ogni volta che decidevo di andarmene perché ormai tutti i componenti del nostro gruppo stavano rientrando verso il pullman, tornavo indietro a guardare di nuovo gli occhi di Ramses, il suo sorriso sereno, pensando semplicemente non lo rivedrò mai più, mai più, voglio guardarlo una volta ancora…
...Ed è così che mi sono beccata un bel colpo di calore e sono stata malissimo fino a notte fonda, per poi portarmi addosso gli strascischi per i quattro giorni successivi.
Della breve crociera sul Nilo, iniziata dopo la visita ad Abu Simbel, ho goduto meno di quel che avrei voluto dato il malessere che mi ha perseguitato per tutta la durata della navigazione… le cose viste sono state così tante da fare perfino fatica a non confonderle l’una con l’altra, e se non ci fossero le foto e la guida a ricordarmi i nomi dei templi, la loro collocazione geografica, la data in cui li ho visitati, oggi probabilmente i miei ricordi sembrerebbero un po’ un profumato pot-pourri… ma ogni luogo mi ha dato un’emozione, ogni visita ha arricchito la mia mente ed il mio cuore, ogni foto ha per me un valore immenso e ne avrà sempre di più nel tempo. I colossi di Memnon, incredibili guardiani di un tempio ormai sparito, il maestoso tempio di Iside anch’esso spostato negli anni settanta da un’isola all’altra affinché non venisse sommerso dalle acque del Nilo, il tempio di Kom Ombo con i suoi coccodrilli imbalsamati ed i suoi incredibili geroglifici a testimoniare una civiltà inimmaginabile, il grandioso tempio di Karnak con le sue enormi colonne, quello di Luxor con il suo famoso viale delle Sfingi… sono solo alcune delle meraviglie viste in quei giorni, lungo le rive di un fiume magico che ho fotografato in ogni sua luce, mentre la motonave navigava lentamente ed in silenzio sfiorando appena la vita che pulsa in quella valle incredibilmente verde. Malgrado il mio malessere sono stata ore a guardare le rive del fiume scorrermi davanti, la vegetazione rigogliosa, le feluche spinte dal vento, uomini ed animali godere di quell’acqua che per l’Egitto è sempre stata una divinità ed una benedizione.
Il Nilo nelle prime luci dell'alba... |
…. ed al tramonto
Feluca al tramonto e le prime luci della notte ad Aswan
Un grazie al mio amico Lorenzo che mi ha regalato queste due ultime belle foto
Ma di quei giorni c’è soprattutto un momento che non dimenticherò mai, e non avevo davanti né un tempio, né una statua, non ero in un museo e vedevo solo chilometri di deserto, piccoli nuclei di case poverissime, pareti rocciose disseminate di buchi, e polvere, polvere ed ancora polvere sotto un sole atroce… eravamo in pullman ed Hossam semplicemente ha detto: "Signori, benvenuti nelle braccia della storia".
Stavamo entrando nella Valle dei Re.
Quanti documentari ho visto su quella valle… quanti libri, riviste, articoli dovevano avermi preparata a quell’angolo di mondo… ed in fondo non ho visto che una parte di quelle centinaia di tombe, e non ho avuto neanche il piacere di scendere in quella di Tut-Ankh-Amon, chiusa in quel periodo… quello che non potevo immaginare, al di là degli affreschi dai colori così vivi da sembrare dipinti pochi giorni prima, e degli splendidi bassorilievi, e di quei soffitti tempestati di stelle, e dei sarcofagi e di quella solennità che mi aspettavo, quello che non potevo immaginare è stata la sensazione di trovarmi in un luogo sacro, dove migliaia, centinaia di migliaia di uomini sono morti di fatica per dare una degna sepoltura al loro re, dove il suolo di quell’arido deserto non è altro che un immenso cimitero che ha nascosto per millenni tesori incredibili ed ha protetto il sonno di centinaia di faraoni e principi.
Dopo la Valle dei Re, l’attesa visita al tempio di Hatshepsut nella Valle delle Regine… tempio funebre dell’unica regina faraone della storia dell’Egitto, è un canto alla bellezza, a quella donna incredibile, alla vita. Tuttavia non è la bellezza di questo tempio scavato in parte nella roccia viva che mi fa decidere di parlarne in questo resoconto delle mie emozioni, bensì un flash che è scattato nella mia mente nel vedere quella lunga scalinata… nel 1997, a novembre, su quella bella scalinata ed in quel tempio hanno perso la vita più di sessanta turisti europei per un attentato che ha visto morire anche diversi poliziotti egiziani e tutti gli attentatori. Credo che il tempio di Hatshepsut sarà per sempre abbinato nella mente dei turisti a quel terribile fatto di sangue, e comunque malgrado l’ammirazione che mi ha come sempre vista estasiata di fronte a tanta bellezza, non ho potuto fare a meno di sentirmi un po’ in colpa per essere così felice in un luogo dove troppe persone hanno sofferto, hanno avuto paura, sono morte o hanno perso i loro cari. Io non so più pregare… ma per un lungo momento, guardando quel magnifico, imponente tempio sovrastato dalla roccia, ho cercato di sentire dentro di me le voci delle anime che in quel luogo hanno perso il loro corpo terreno… e per un istante, mi è sembrato di sentirle, allora ho chiuso gli occhi per chiedere loro perdono della mia gioia.
Il tempio di Hatshepsut e la montagna in cui è scavato, la scalinata, ed io che copio la regina
Quando è arrivato il momento di lasciare la nave, il gruppo di persone in cui cominciavamo a sentirci integrati e di cui molti tornavano in Italia, la bella animazione di cui avevamo goduto, e soprattutto la nostra meravigliosa guida Hossam, ho sentito che stavo chiudendo un capitolo breve ma incredibilmente intenso della mia vita… avevo visto bellezze a cui nessuna guida, nessun libro o documentario mi aveva veramente preparato, avevo provato emozioni così intense che raramente ricordo di aver provato per un luogo o un monumento, avevo assaporato, bevuto, respirato il mio Egitto attimo per attimo per paura di non cogliere ogni particolare, e pensavo che niente, niente più di quella bella terra mi avrebbe ancora sorpreso, e che nella settimana successiva mi aspettasse semplicemente qualche bella giornata di riposo ed abbronzatura.
Poi ho attraversato il deserto nelle ore più calde ed ho visto e fotografato i miraggi azzurri e oro; il tramonto ci ha regalato una pioggia di colori caldi; dopo ore di sabbia dorata è arrivato l’azzurro-turchese del mar Rosso. E quella sera mi sono addormentata con negli occhi i colori di un deserto che nei giorni precedenti avevo scoperto tutt’altro che deserto, e che mi aveva riservato ben più di una sorpresa.
Miraggi nel deserto
Il tramonto sul deserto, ed il Mar Rosso oltre il deserto
Anche il Mar Rosso mi ha riservato molte belle sorprese ed è stato molto, molto generoso di emozioni. La vacanza di riposo ed abbronzatura che mi aspettavo è stata invece una continua scoperta, a partire dalla bellezza incredibile della barriera corallina in un posto dove l’uomo ed il turismo non l’hanno intaccata né spero lo faranno mai visto che i controlli sono severissimi.
Poi c’è stata la baia di Abu Dabab ed una delle più grandi emozioni della mia vita. Ci eravamo andati nella speranza di incontrare durante lo snorkeling il famoso dugongo ma di questo non si è visto neanche l’ombra… però, come ci aveva promesso la guida, abbiamo visto decine di tartarughe marine, e mi sono quasi messa a piangere quando me ne son trovata una a circa mezzo metro, immensa e commovente, commovente per me che finora ne avevo vista soltanto una all’acquario di Genova. Avrei potuto allungare una mano e toccarla, avevo la tentazione fortissima di farlo ma ho rispettato le disposizioni della guida, e mi sono accontentata di fotografarla con una macchinetta monouso nella speranza che almeno una foto venisse decente. Ecco il risultato:
Mi commuovo ancora a guardarla...
Mamma mia che emozione!
L’albergo in cui abbiamo alloggiato era in un posto dimenticato, in pieno deserto, a circa dieci chilometri dall’unico piccolo centro abitato, e passeggiare sulla spiaggia nelle ore meno calde mi ha dato la sensazione di essere piccola piccola… mi è sempre piaciuto passeggiare sul bagnasciuga, anche a Tirrenia tra la gente, ma camminare nel deserto con i piedi a sfiorare un’acqua cristallina e calda, tra rocce basse tappezzate di splendide conchiglie e di stelle marine nere che giocavano a nascondino, è stato completamente diverso. Come ben diverso dai bagnetti rinfrescanti è stato fare ore di snorkeling, trovarsi di fronte coralli che davano alla barriera l’aspetto di un giardino fioritissimo, pesci chirurgo o pagliaccio coloratissimi, eleganti aquile di mare, buffi pesci palla ed inquietanti pesci scorpione, ed un’esplosione continua ed instancabile di colori e luci… uscivamo dall’acqua solo per stanchezza, né io né Carlo siamo esperti e quando ci allontanavamo troppo dall’albergo ci prendeva anche un pizzico di inquietudine. Inaspettatamente, quel viaggio tra le braccia della natura non mi è piaciuto meno del viaggio tra le braccia della storia di questo magnifico, emozionante, incredibile paese che è l’Egitto… il "mio" Egitto.
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